La nave ha per gli Antichi una personalità sua propria, ed è dedicata a una divinità, di cui porta spesso il nome, che è “presente” a bordo a proteggere i marinai.Spesso tale presenza è simbolicamente rappresentata da un occhio apotropaico (cioè inteso ad annullare e allontanare influssi maligni), dipinto ai lati della prua per accentuare la protezione già assicurata dalla polena.
La prua è infatti il punto cruciale della nave, intesa quasi come elemento vivente, che si fa strada attraverso le acque infide e avverse. Ecco, quindi, sulla prora una figura, solitamente femminile, alla quale spesso corrisponde simmetricamente un’analoga figura tutelare a poppa.
L’ origine delle polene sembrerebbe risalire alla battaglia di Salamina (480 a.C.), quando l’ateniese Licomede avrebbe offerto ad Apollo le insegne della prima nave persiana catturata.
Le polene esercitano ancora una forte suggestione, sono accuratamente conservate in collezioni pubbliche e private, sono ricercate dal mercato antiquario, e sono state immortalate nella letteratura e nella poesia.
L’origine delle polene
“Polena” è il nome che designa, nell’area mediterranea, una figura scolpita, posta sulla prora delle imbarcazioni, che fu un elemento indispensabile della nave, specialmente nei secoli XVII e XVIII fino a tutto il XIX. Anche l’origine del suo nome, curiosamente collegato alla moda delle calzature, dal francese poulaine e precisamente souliers à la poulaine, risale presumibilmente al secondo decennio del Seicento.
In quel periodo la struttura della prua delle navi subisce un cambiamento: la sua estremità, da diritta, aggettante e bassa sul mare, diventa un tagliamare tondeggiante che si ripiega all’indietro verso il castello prodiero. Può darsi che i primi modelli di questi vascelli, presentati alla corte francese, suscitassero in qualche buontempone un’analogia con la forma degli stivaletti dei cavalieri polacchi, noti per avere la punta tonda e rivolta all’indietro; e poi nel giro di qualche tempo l’allusione scherzosa, che in origine designava tutta la prora, rimase come nome della figura che la sormontava.
Ma certo l’uso di decorare la prora delle navi con immagini pittoriche o sculture è molto più antico: sembrerebbe infatti risalire alla battaglia di Salamina (480 a.C.), quando l’ateniese Licomede avrebbe offerto ad Apollo le insegne della prima nave persiana catturata. L’usanza nasce o come segno di scaramanzia contro le potenze avverse presenti nell’immaginario collettivo della gente di mare, oppure di ossequio verso le divinità, per ottenerne tutela nel corso della navigazione.
Così troviamo nell’area mediterranea, sulla parte anteriore delle navi egizie, greche e romane, elementi distintivi quali il vello votivo dell’animale sacrificato agli dei prima della partenza, oppure l’apposizione di un occhio apotropaico, atto a tener lontane le influenze maligne. Nella tradizione orientale quello era l’occhio della nave, intesa come creatura vivente, capace di scegliere da se stessa la rotta migliore. Quando la nave acquista una coppia di occhi prodieri, diventa simbolicamente un essere vivente che sa riconoscere il cammino e, guardando, sa salvarsi dal malo occhio della sventura. A volte tale elemento distintivo è un rostro, a forma di testa di animale, o una decorazione in cima alla ruota di prua; e su questa verranno applicate le prime sculture che potremmo paragonare alle polene.
Anche i navigatori del Nord, i Vichinghi e poi i Normanni, dotarono le navi con le quali effettuavano le loro scorrerie, di teste e forme mostruose, sicché le loro vittime, quando venivano attaccate, erano per prima cosa atterrite dalla visione di mostri marini orrendi, e gli assalitori si trovavano così in posizione di vantaggio.
Durante il Medioevo le navi appaiono particolarmente spoglie, prive di polene e di sculture decorative particolari. Ciò si verificò non certo perché i marinai medievali fossero meno religiosi o superstiziosi, o più razionali di quelli che li avevano preceduti, anzi la loro grande religiosità è attestata dalla celebrazione di riti, dalla benedizione delle navi, dalla dedicazione di ogni imbarcazione a uno o anche più santi; solo che la collocazione delle statue votive non era più esterna alla nave, ma interna: nasce infatti in quel periodo l’uso di sistemare un piccolo altare con un’immagine sacra nel cassero poppiero, dove viene celebrata la liturgia domenicale.
Le polene riappaiono sulla prua delle navi nella seconda metà del secolo XV e nel corso del XVI, per effetto dell’incremento dell’orgia decorativa nella costruzione navale in epoca barocca, non tanto per una questione di gusto, quanto per la competizione che si è instaurata per il controllo del mare sia nel bacino mediterraneo, sia nel Mare del Nord.
Nel 1543 l’inglese Jeffrey Bythane scrisse un trattato sulla necessità di decorare i vascelli, affinché onorassero la bandiera patria con l’opulenza dei propri ornamenti. L’uso di stucchi e dorature fu quindi introdotto in Inghilterra da James I (1566-1625), immediatamente imitato dalle altre Marine.
Somme ingentissime vengono spese per costruire, armare e decorare galee e galeoni. Genovesi e Veneziani, Spagnoli, Inglesi, Svedesi e Francesi fanno a gara nel varare splendide navi, curate nei minimi particolari e dotate di decorazioni impressionanti e di elaborate polene. Queste, nella maggior parte dei casi sono “gruppi” di personaggi o motivi tipici, ma raramente identificabili in una sola figura
Come esempio emblematico inglese basti ricordare il Sovereign of the Seas, la nave più grande del’epoca, di 60×17 metri, armata con 100 cannoni, opera di Phineas Pett, mentre alle decorazioni provvide Anton van Dyck, allievo di Rubens. La polena rappresentava re Edgardo il Pacifico in groppa a un bianco destriero, trionfante su sette re nemici, a simboleggiare la vittoria della virtù sui sette peccati capitali.
In Francia l’esempio più grandioso è rappresentato dal Soleil Royal, una fregata da 104 cannoni, costruita a Brest nel 1669 e decorata da Pierre Puget, allievo di Pietro da Cortona.
Solo nel corso del Settecento la riduzione degli ornati isolerà sempre di più la figura prodiera, e questa si semplificherà, divenendo un personaggio dalle caratteristiche definite. Siamo giunti finalmente alla nascita della polena nel vero senso della parola.
In tutta Europa l’arte della fabbricazione di polene per le navi militari e mercantili fiorì fino alla fine del secolo XIX. Esse erano ormai, come abbiamo detto, meno elaborate e ricche di ornamenti e in genere costituite da una sola statua, però curata nei minimi particolari, anche nella colorazione e nelle dorature, da un artista specializzato che lavorava su commissione in ogni arsenale.
I filoni di ispirazione per lo scultore di bordo erano costituiti, come nei secoli precedenti, da animali: leoni, cavalli marini, delfini, o i mitici grifone e unicorno; o da figure di dei ed eroi mitologici, a volte da ritratti di monarchi, da busti di frati o di santi; infine da immagini femminili, in contrasto con la tradizionale avversione dei marinai per la presenza di donne a bordo, considerate portatrici di sventura: Veneri, anfitriti e sirene, ma anche fanciulle e donne reali raggiunsero una notevole popolarità.
Ma l’evoluzione dei sistemi di costruzioni navali e l’uso incalzante del metallo nella struttura delle imbarcazioni, resero col tempo quasi inutile il lavoro degli scultori negli arsenali. Già alla fine del Settecento gli Ammiragliati avevano ridotto gradatamente gli stanziamenti destinati alle decorazioni navali; gli assicuratori protestavano che si trattava di un orpello inutile e superato, oltre che pericoloso: le polene erano destinate a scomparire del tutto. Solo pochi piccoli armatori privati continuarono a dar lavoro ad artigiani indipendenti per l’esecuzione degli elementi ornamentali delle navi a vela, nel periodo del massimo splendore di quel tipo di navigazione nel secolo XIX.
Oggi qualche polena viaggia ancora sotto il bompresso di navi scuola, ma esse si possono trovare ormai solo nelle mostre e nei musei navali, allestiti in molte città di mare nel mondo; oppure in repliche e copie, di cui il favore degli amatori del genere ha favorito la diffusione, negli hotel, nei ristoranti sul mare e nelle case di collezionisti privati, come lampante testimonianza di quanto fascino esse esercitino ancora, grazie alla straordinaria capacità di evocare un passato eroico e fiabesco, irto di pericoli e di ostacoli, ma sempre avvincente ai nostri occhi.
Lia Luchini